martedì, ottobre 24, 2006

Indovina chi siede al tavolo verde


23-10-2006

Si siedono attorno a un lunghissimo tavolo nella Sala verde di Palazzo Chigi. Posti pre-assegnati, come nelle cene di gala. Da un lato le parti sociali, dall’altro il governo. Al centro Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, esattamente di fronte al presidente del Consiglio, al ministro dell’Economia e al sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Tutte le altre sigle ai lati e nelle file di sedie alle spalle degli ospiti più importanti. Qualcuno in piedi. Per primo parla il governo. Poi, in rigorosa sequenza, Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, ciascuno secondo copione. I quattro grandi convitati scendono poi nella sala stampa di Palazzo Chigi per rilasciare dichiarazioni a testate e Tv in tempo per il lancio dei telegiornali di prima serata, in modo da entrare in diretta nelle cucine degli italiani all’ora di cena. Intanto, in sala verde la riunione continua mestamente con le altre sigle. Al tavolo sono rimaste le briciole.Questa, signori, è la tanto celebrata concertazione. Un vero e proprio "teatrino". Tutti attorno a un tavolo, ma non certo tutti uguali, e non per discutere, ma per dichiarare. C’è un tavolo nel tavolo. E chi ha deciso i posti a tavola? Chi è rappresentato dagli invitati d’onore e perché alcuni si possono alzare prima? E i posti d’onore si mantengono per sempre?

Quando la forma è sostanza
Si è spesso discusso in questi anni se sia giusta o no la concertazione. Durante la passata legislatura si era addirittura pensato di ribattezzarla "dialogo sociale". È una discussione oziosa. Nessun governo potrà mai far finta che non esistano i gruppi di interesse, le lobby. Il punto è un altro: il quesito da porsi è chi deve essere ammesso a sedersi al tavolo, a quello vero, e per fare cosa. Finché c’è un forte vincolo esterno e tutti a questo sono chiamati a contribuire, il numero dei posti a tavola e i "seating arrangements" contano poco. Nella corsa all’euro, la concertazione ha funzionato perché anche gli invitati di secondo o terzo livello sentivano la stessa necessità dei "quattro eletti" di raggiungere il risultato. Ma quando si tratta di varare riforme strutturali e tagli veri alla spesa pubblica, dunque selettivi, il discorso cambia radicalmente. In questo caso, la disposizione dei posti a tavola determina l’esito della trattativa. E bisogna "contare le deleghe", verificare chi rappresenta che cosa.
L’esempio spagnolo
Invece di invitare occasionalmente gli "stakeholder" a un tavolo/teatrino in cui possono solo esercitare un diritto di veto, occorre creare una sede permanente di confronto. In cui si abbia la possibilità, a differenza di quanto avviene nella sala verde, di vedere prima le carte e di studiarle a fondo. Qui forse la Spagna, di cui invidiamo la forte crescita e la contenuta conflittualità sociale, può darci qualche idea utile. Prendiamo spunto dal Consejo Económico y Social (www.ces.es). Ha il compito di esprimere un parere al parlamento su ogni proposta di legge o decreto del governo sui temi economici sociali. E lo fa in modo meticoloso e tempestivo.In Italia una sede come il Ces esiste già, ma è diventata un cimitero di elefanti, un posto in cui riciclare i "trombati" della politica. Si tratta del Cnel, Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, previsto dalla Costituzione proprio come "organo di consulenza delle camere e del governo" per "contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge". Il problema è che oggi il Cnel è un parlamentino di centoventi persone che non fa quasi nulla di significativo. I rappresentanti di categoria sono scelti dal governo e dal Presidente della Repubblica, senza alcuna garanzia di reale rappresentanza. Vi si organizzano tanti convegni, spesso superflui. Il Cnel stesso, nonostante la natura costituzionale, potrebbe oggi ben figurare in un elenco degli enti inutili.Il Cnel ha bisogno di una riforma strutturale È innanzitutto necessario dotarlo di una segreteria tecnica di qualità, con economisti e giuristi reclutati con stringenti criteri di merito.
Poi si tratta di strutturare il parlamentino in cinque gruppi di interesse:
i) i lavoratori dipendenti,
ii) i lavoratori autonomi e le professioni,
iii) i datori di lavoro,
iv) gli studenti (futuri lavoratori) e
v) gli esperti di nomina governativa.
I rappresentanti di ciascun gruppo sono a tutti gli effetti soggetti abilitati alla concertazione con i poteri pubblici. Devono perciò essere selezionati sulla base di procedure trasparenti e ricorrendo a elezioni fra le diverse categorie. Ad esempio, in Spagna, i "seggi" dei lavoratori dipendenti vengono attribuiti in base al numero di consensi ottenuti dai diversi sindacati in votazioni tra i lavoratori. E c’è anche una soglia minima: possono accedere al Ces solo rappresentanti di associazioni che superino il 10 per cento dei consensi a livello nazionale o il 20 per cento a livello regionale. Queste elezioni potrebbero anche essere un’occasione per affrontare il problema irrisolto della rappresentanza sindacale nella contrattazione collettiva.
Il parlamentino dovrebbe poi istituire commissioni ad hoc con il compito di esprimere un parere su disegni di legge e decreti governativi, prima che completino il loro iter parlamentare. Il lasso di tempo prefissato molto breve (difficilmente si andrebbe oltre un mese) concesso alla commissione per l’esame dei provvedimenti spiega l’esigenza di una adeguata segreteria tecnica. Come in Spagna, ogni commissione dovrebbe essere composta da cinque membri, uno in rappresentanza di ciascuno dei cinque gruppi elencati. Il numero dispari garantisce che al suo interno venga espressa una posizione di maggioranza. Il "nuovo Cnel" dovrebbe essere una sede in cui, lontani dai riflettori, si possa andare a fondo dei problemi, carte (e dati) alla mano. Come si è dimostrato con la Finanziaria, le riforme strutturali sulla spesa non si riescono a fare in poche settimane. Richiedono "tempo" e "confronto", mentre nel nostro teatrino si ottengono soltanto veti, la legittimazione di alcune sigle la cui rappresentatività non viene mai messa in discussione, e il continuo procrastinare riforme irrinunciabili. Il metodo è sostanza.