venerdì, settembre 08, 2006

La mia teoria liberale della lotta di classe

Politica (1998) Luigi De Marchi

La mia teoria liberale della lotta di classe

Ho ricevuto in questi giorni da un giovane ricercatore dell’Università di Bologna, Guglielmo Piombini, un bel saggio intitolato " Verso una teoria liberale della lotta di classe" che sarà pubblicato in uno dei prossimi numeri della rivista Federalismo e Società diretta da Mauro Marabini. Il saggio appoggia e rilancia una tesi proposta con insistenza nei miei scritti dell’ultimo decennio: e cioè che nella maggior parte di questo secolo la vera lotta di classe del nostro tempo è stata e resta quella tra i lavoratori del privato (imprenditori, dipendenti e autonomi) e la burocrazia parassitaria che tutti li depreda, ormai, di 2/3 del loro reddito.
E mi ha fatto piacere vedere che Piombini, a differenza di vari politici e politologi di questi anni, riconosce questa mia priorità nell’enunciazione della teoria liberale e liberista della lotta di classe aprendo il suo saggio con le prime parole del mio libro " Il Manifesto dei Liberisti", pubblicato delle edizioni Seam nel '95: " La grande novità politica di questo scorcio di secolo in tutto l’Occidente avanzato - affermo nel brano citato da Piombini - è la Rivolta dei Produttori del privato contro la classe burocratica e i suoi padroni/padrini: i parassiti statalisti. Questa è la vera lotta di classe del nostro tempo, altro che quella tra imprenditori e dipendenti del privato, di cui sono andati vaneggiando per tutto il secolo i nipotini di Carlo Marx!". E con la stesse correttezza Piombini sottolinea anche come questa tesi, elaborata in molti miei scritti degli anni ' 90, fosse già chiaramente enunciata in un mio libro del ' 75 pubblicato dalla Sugarco ed intitolato Psicopolitica, con cui oltre 20 anni fa gettavo le basi della psicologia politica liberale: “E' sempre più evidente - scrivevo in quell'opera sfidando l’imperante delirio marxista- che la vera classe parassitaria e sfruttatrice è nel mondo intero, e da lungo tempo ormai, la classe burocratica.”
Il grande merito di Piombini e del suo ottimo saggio è di aver raccolto con cura ed acume le anticipazioni della mia teoria liberale della lotta di classe sparse nelle opere di alcuni grandi maestri del pensiero liberista: da Charles Comte a Charles Duneyer, da James Mill a Vilfredo Pareto nel secolo scorso, da Oppenheimer a Nock, da von Mises ad Hayek nell’attuale.
Forse un limite a questo saggio di Piombini sta nell’illusione (peraltro ben comprensibile in un giovane, poiché senza un pizzico di illusione nessuna gioventù è davvero tale) che a questo scontro di classe in atto tra produttori e burocrati corrisponda una matura coscienza di classe nella classe sfruttata: appunto tutti gli operatori del privato. “I protagonisti della sollevazione antiburocratica in atto degli ultimi vent'anni - scrive infatti Piombini - si sono accorti di avere in comune interessi, mentalità ed aspirazioni e di far parte di un’unica e grande classe, i produttori, composta da tutti coloro che, sottomessi alla legge della concorrenza, vivono nell’incertezza dell’economia privata: sia il temperamento che l’ambiente di lavoro li portano ad accogliere una concezione liberale della vita e della produzione”.
E ancora una volta, a questo proposito Piombini sottolinea l’importanza della mia idea di radicare la teoria liberale della lotta di classe nella psicologia politica: “ Da psicologo - scrive Piombini - De Marchi ha messo bene in luce, nell’antagonismo tra produttori e burocrati, i contrapposti tipi caratterologici”.
Purtroppo la maturazione di questa nuova coscienza di classe, a mio parere, è invece ancora lontana. Ed anzi su questa inconsapevolezza degli sfruttati continuano a prosperare la vecchia sinistra e tutte le forze stataliste. Ma è già un enorme passo avanti che questa teoria trovi consensi e sviluppi nei giovani pensatori come Piombini.

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