mercoledì, settembre 13, 2006

Riforma dei partiti politici - disegno di legge Salvi-Villone

Il disegno di legge Salvi-Villone sulla Riforma dei partiti politici

E' stato presentato al Senato, e si segnala per le importanti questioni sollevate, il disegno di legge numero 42/AS recante
"Norme sul diritto dei cittadini di associarsi liberamente in partiti, in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione".

Si legge, tra l'altro, che "Il complesso delle innovazioni che qui si propone parte dalla definizione di «metodo democratico» e dall’introduzione di una anagrafe certificata; si snoda attraverso l’apertura del procedimento di iscrizione, la garanzia di effettiva partecipazione dell’iscritto attraverso modalità del tutto nuove come il voto telematico, o antiche come il voto segreto; si perfeziona con la previsione di istituti di democrazia diretta come il recall degli organi esecutivi e il referendum; si completa con la previsione della giustiziabilità dei diritti dell’iscritto, che possono così trovare tutela presso un soggetto terzo ed imparziale.
Con questo si rovescia completamente la situazione in atto, in cui la riduzione oligarchica dei processi decisionali ha come effetti collaterali l’impermeabilità della linea politica nei confronti della base, la quale non possiede strumenti efficaci per influire su quella linea e la sostanziale intangibilità del gruppo dirigente, che dispone di tutti i mezzi utili per autoperpetuarsi." (dalla relazione al disegno di legge).
Di seguito, il testo del disegno di legge, preceduto dalla relazione di accompagnamento.. . . . . .Disegno di legge n. 42/AS presentato al Senato il 28 aprile 2006 d’iniziativa dei senatori Salvi e Villone
"Norme sul diritto dei cittadini di associarsi liberamente in partiti, in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione"
. . . . . .
Onorevoli Senatori. – Da oltre un ventennio si discute nel nostro Paese di riforme istituzionali. La ragione si trova nella convinzione che la fragilità del nostro sistema politico sia data dalle regole che disciplinano le istituzioni. È in nome di questo che si è proceduto a innovazioni anche di grande portata. Dalla riforma dei regolamenti parlamentari nella seconda metà degli anni Ottanta, all’adozione del sistema elettorale maggioritario da ultimo abbandonato, all’introduzione dell’elezione diretta per sindaci, presidenti di provincia e di regione. Ed in nome di questo abbiamo assistito al mutamento tacito della forma di governo parlamentare prevista nella Costituzione. Tale non si può certo definire la forma di governo in cui l’esecutivo, attraverso un maxiemendamento composto di molte centinaia di commi, porti all’approvazione di una legge finanziaria mai discussa nella sede parlamentare, limitando il dibattito con un voto di fiducia e contingentando i tempi in poche ore. Eppure, se anche abbiamo oggi esecutivi durevoli, è del tutto chiaro che questo non si traduce in esecutivi capaci di governare con effettività. A tutti i livelli, sono evidenti i malesseri che colpiscono coalizioni tanto eterogenee da dover conciliare spesso l’inconciliabile o trovare la sintesi al livello più basso e consociativo.
Le assemblee rappresentative, infatti, sono prive di qualsiasi ruolo effettivo e la funzione della rappresentanza politica non trova più sedi e strumenti per essere esercitata con effettività. Al tempo stesso, è chiara l’incapacità del sistema politico di raccogliere con efficacia la domanda sociale, traducendola in sintesi praticabili. La politica è oggi debolissima, quale che sia la durata in carica dei governi. E sono eventi come quelli della Val di Susa, o le proteste popolari per i rifiuti, o i blocchi stradali e ferroviari per i motivi più disparati, dalle crisi agricole alle vicende di qualche squadra di calcio, a dimostrarlo al di là di ogni ragionevole dubbio.
La domanda di partecipazione esiste, ed è molto forte, come mostrano per altro verso vicende come quella delle primarie svolte dal centrosinistra per il candidato alla carica di primo ministro nel 2006. Ma tale domanda non viene in alcun modo raccolta. Nonostante tutte le innovazioni, l’esperienza di questi anni fa comprendere come la salute del sistema politico italiano sia a dir poco pessima. Probabilmente, gli elementi degenerativi prodotti, anche come effetto collaterale non voluto, dalle innovazioni adottate – come la creazione di un esercito di professionisti e semiprofessionisti della politica – hanno persino contribuito a peggiorarla. E dunque si può trarre da questa esperienza un suggerimento: è giunto il momento di intraprendere una strada nuova e diversa. Se intervenire sulle regole istituzionali non ha affatto rinsaldato la politica, bisogna guardare altrove e, precisamente, ai soggetti primari delle cui scelte e sui quali la politica vive: i partiti.
Una politica senza partiti non è possibile o desiderabile. Tutti possono vedere come non sia moderno e competitivo il Paese in cui la politica si traduce nel confronto diretto tra i comitati spontanei e la piazza, da un lato, e chi governa, dall’altro. Le forme stabili e organizzate sono elemento essenziale per un sistema politico efficiente, che è a sua volta elemento essenziale per la competitività del sistema-paese.Ma appunto i partiti sono oggi l’elemento di massima debolezza del sistema. In realtà, proprio le innovazioni introdotte hanno concorso in misura non marginale al loro indebolimento ed alla loro incapacità di riprendersi dopo il grande tracollo dei primi anni Novanta. Oggi non sfugge a nessuno la spinta alla frantumazione estrema per la convenienza di creare micro-partiti, la frammentazione territoriale al seguito di questo o quel potente locale, l’estrema torsione personalistica, la riduzione oligarchica dei processi decisionali, il sostanziale azzeramento della partecipazione democratica degli iscritti.
Essenzialmente, oggi i partiti non sono più un luogo di elaborazione politica e progettuale. Spesso, diventano sedi di trattativa e magari di spartizione dei benefits dell’azione di governo per i gruppi dirigenti. Si profila un partito come comitato elettorale di questo o quel candidato, come comitato di sostegno di questo o quel governante. Nulla potrebbe essere più lontano dal modello prescritto dall’articolo 49 della Costituzione. I partiti sono dunque il vero buco nero della politica italiana. Qui bisogna guardare per un intervento efficace, che non solo ridia vita all’idea del Costituente ma offra al Paese uno strumento necessario alla competitività di cui ha estremo bisogno. È dunque soprattutto nella debolezza dei partiti – piuttosto che in questa o quella opzione istituzionale – il dato strutturale che impedisce il rafforzamento del sistema politico italiano. Ed è nella torsione personalistica e nella riduzione oligarchica l’elemento che più di ogni altro ostacola nella attuale condizione politica una inversione di tendenza e l’avvio di un consolidamento.La risposta efficace alla crisi del sistema politico rimane allora affidata alla capacità di ripristinare una partecipazione democratica effettiva nei partiti. Si tratta di attuare l’indicazione dell’articolo 49 della Costituzione, che attribuisce ai «cittadini» la titolarità del diritto alla partecipazione politica attraverso i partiti.
È però evidente che non sarebbe utile ipotizzare un ritorno all’esperienza passata, che non troverebbe oggi le condizioni per un effettivo dispiegarsi. Dunque, pensare di rivitalizzare i partiti solo recuperando e ripristinando l’antica struttura che per lungo tempo ha costituito il cardine della partecipazione degli iscritti non si mostrerebbe una scommessa vincente.Bisogna invece pensare ad una diversa e moderna forma di partecipazione, che utilizzando gli strumenti oggi disponibili si affianchi alla tradizione offrendo agli iscritti nuove vie per pesare sulle determinazioni collettive. Per questo è necessaria una disciplina generale sui partiti, che definisca la strumentazione minima idonea a favorire l’avvio di un circuito virtuoso. Sono ben note le argomentazioni che per lungo tempo hanno indotto una sostanziale diffidenza verso l’adozione di una disciplina legislativa del partito politico. Si temeva, da un lato, per l’autonomia organizzativa e il libero dispiegarsi dell’iniziativa politica secondo la specificità di ciascun partito.
Si paventava, dall’altro, che la legge – pur sempre espressione di una maggioranza politica – potesse essere strumentalmente volta a danno di questo o quel partito. Tali argomenti non erano privi di sostanza, sembra tuttavia oggi che possano essere superati. Anzitutto è mutata la condizione politica generale, non esistendo più alcuna conventio ad excludendum che in ipotesi precluda a questo o quel partito l’accesso alle funzioni di governo.La proposta che qui si presenta si incardina su istituti che per una parte sono da tempo all’attenzione degli studiosi della politica, per altra parte costituiscono invece una novità di non marginale portata. Anzitutto, la premessa per un consolidamento dei partiti deve essere vista nel mutamento della natura giuridica degli stessi partiti. Fino ad ora, i partiti sono associazioni di fatto: un fondamento giuridico debole, al quale si sostituisce qui la natura di associazione giuridica riconosciuta dotata di personalità giuridica ai sensi dell’articolo 12 del codice civile.
Oggi tale scelta si rende anzitutto possibile perché il riconoscimento, e il conseguimento della personalità giuridica che ne deriva, non passa più – dopo le modifiche al codice civile apportate con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361 – attraverso una fase amministrativa. Dunque non vi è più da temere una intromissione di pubblici poteri, ovviamente assoggettabili all’influenza di una maggioranza politica, nella vita del partito.La linea seguita nel disegno di legge è di far riferimento in termini generali allo schema adottato dal codice civile, cui si fa rinvio per tutto quanto non espressamente disciplinato nella legge. Si poteva anche seguire un diversa ed opposta via, la costruzione cioè di una figura speciale di associazione politica, ma il rinvio alla nozione e disciplina civilistica della persona giuridica offre il vantaggio di rendere applicabile in buona parte la riflessione dottrinaria e la lettura giurisprudenziale relative alla disciplina codicistica.
Questa soluzione offre una maggiore solidità e stabilità alla soluzione giuridica dell’associazione-partito fin dalla sua nascita.Naturalmente, sulla disciplina generale si innestano norme che trovano ragione nella specificità del partito politico. In specie, la particolarità si riscontra anzitutto nel fatto che il partito è un’associazione chiamata a «partecipare con metodo democratico alla politica nazionale». Tale missione – che non entra ovviamente in alcun modo a definire nel diritto civile il modello associativo – non potrebbe essere pretermessa nel disegnare il regime giuridico applicabile.Non assume più alcun rilievo oggi l’antica querelle se il «metodo democratico» dovesse essere principio applicabile all’azione politica del partito ovvero anche alla sua organizzazione interna. Non esiste alcuna ragione oggi nel sistema politico italiano per la quale possa dubitarsi, in principio o in fatto, della piena applicabilità del principio anche all’organizzazione, ai procedimenti decisionali, alla selezione del gruppo dirigente.
Nulla si oppone alla più ampia lettura dell’articolo 49 della Costituzione, comunque da preferire per la lettera e lo spirito della Carta fondamentale. Ed è precisamente l’ampia lettura del «metodo democratico» che sostiene le principali scelte adottate nella proposta, fondate sul più ampio riconoscimento dei diritti degli iscritti, e si traduce nel forte riconoscimento di istituti partecipativi. I diritti dell’iscritto non si esauriscono nel prendere la tessera e partecipare occasionalmente a qualche tornata congressuale. Se l’iscritto vuole, si traducono nella possibilità concreta di incidere continuativamente sulle determinazioni adottate a tutti i livelli dal partito. Non potendosi pensare che una effettiva partecipazione si realizzi semplicemente richiamando e sostenendo legislativamente le tradizionali organizzazioni territoriali – sezioni, unità di base, unioni e simili – si è scelto un approccio diverso, che si impernia sull’anagrafe degli iscritti. Oltre a essere strumento di correttezza e trasparenza, col quale si pone fine al malcostume di tessere fatte sull’elenco telefonico, l’anagrafe diventa il perno della nuova e moderna qualità di iscritto. Ad essa infatti si lega la possibilità del voto telematico, che supera le ritualità della democrazia delegata di congressi periodici, magari governati da signori delle tessere, e di organismi pletorici ai quali spesso partecipa stancamente una piccola frazione degli aventi diritto.La previsione dell’anagrafe va letta insieme con le norme che aprono i procedimenti di iscrizione, rendendo impossibile il controllo del momento di rilascio della tessera come strumento di potere all’interno del partito. Non possono nascere signori delle tessere senza tale controllo. E la previsione di iscrizione e di pagamento della quota in via telematica, oltre che la giustiziabilità del rifiuto della tessera, riducono al minimo il rischio che tale controllo possa essere assunto da alcuno. Al fine della mobilità ed apertura del gruppo dirigente, nonché della flessibilità ed apertura alla base della definizione della linea politica, si indirizzano inoltre due istituti di democrazia diretta che il disegno di legge prevede come necessari: il recall e il referendum.Il recall si sostanzia nella possibilità di far decadere e contestualmente sostituire gli organi esecutivi monocratici o collegiali attraverso il voto diretto degli iscritti. Il ricorso al voto telematico, con garanzia di segretezza, può rendere il recall elemento di un effettivo sistema di checks and balances, concorrendo a definire il modello generale di governance del partito, in specie là dove quegli organi – e in particolare il segretario – siano eletti direttamente.Il referendum – che si può sempre richiedere da parte di un numero determinato di iscritti – si prescrive come necessario per quanto riguarda il cambio del nome e del simbolo. Questo serve ad evitare forzature da parte di gruppi dirigenti tentati di imporre evoluzioni sulla cui condivisione da parte della base si possa dubitare. In tali contesti, la stessa misura del dissenso può essere elemento politicamente assai significativo. Anche qui assumono rilievo il voto telematico, la segretezza e – va sottolineato – la mancanza di un quorum di partecipazione degli aventi diritto ai fini della validità. Questo per non generare nei partiti una problematica simile a quella già evidenziatasi per il referendum abrogativo di cui all’articolo 75 della Costituzione. La mancanza di quorum rende per tutti inevitabile la scelta di partecipare attivamente alla votazione.È appena il caso di notare che istituti di ampia e non comprimibile partecipazione, la cui utilizzazione è rimessa essenzialmente alla volontà dell’iscritto, unitamente alla già richiamata apertura delle procedure di rilascio della tessera, sono oggi la migliore garanzia contro la tendenza a ridurre i partiti a comitati elettorali o comitati di sostegno di questo o quell’assessore, o presidente, o comunque del potente di turno.Un ultimo profilo si deve richiamare, come esempio di una innovazione incisiva, anch’essa in ultima analisi finalizzata alla partecipazione. Tale è l’ampio riconoscimento della giustiziabilità tramite ricorso al giudice per assicurare il rispetto della legge, dello statuto, delle delibere degli organi, e in ogni caso dei diritti dell’iscritto. Proprio perché essenzialmente tali diritti sono di partecipazione, la giustiziabilità diviene servente rispetto a tale finalità, e dunque garantisce il «metodo democratico» di cui all’articolo 49 della Costituzione.Il ricorso al giudice non rende inutili gli organi interni di garanzia. Ma è del tutto evidente oggi che l’autodichia non è più sufficiente ad assicurare correttezza e rispetto delle regole nella vita dei partiti. Comunque, il partito è titolare di funzioni di grande rilevanza pubblica, da esercitare nel rispetto di un principio costituzionale specificamente posto per il partito, qual è il «metodo democratico». Da ciò si trae una piena giustificazione per la più ampia giustiziabilità ad iniziativa dell’iscritto, anche nelle forme dell’urgenza.Il complesso delle innovazioni che qui si propone parte dunque dalla definizione di «metodo democratico» e dall’introduzione di una anagrafe certificata; si snoda attraverso l’apertura del procedimento di iscrizione, la garanzia di effettiva partecipazione dell’iscritto attraverso modalità del tutto nuove come il voto telematico, o antiche come il voto segreto; si perfeziona con la previsione di istituti di democrazia diretta come il recall degli organi esecutivi e il referendum; si completa con la previsione della giustiziabilità dei diritti dell’iscritto, che possono così trovare tutela presso un soggetto terzo ed imparziale. Con questo si rovescia completamente la situazione in atto, in cui la riduzione oligarchica dei processi decisionali ha come primo effetto collaterale l’impermeabilità della linea politica nei confronti della base, la quale non possiede strumenti efficaci per influire su quella linea. Come secondo effetto vi è la sostanziale intangibilità del gruppo dirigente, che dispone di tutti i mezzi utili per autoperpetuarsi.Si offre qui, invece, un modello di partito fondato sul principio della contendibilità della linea politica e del gruppo dirigente. Anche a tal fine sono previste norme a tutela della minoranza interna. Una corretta ed efficace contendibilità è oggi da vedere come strumento essenziale della modernizzazione della forma partito. L’aderenza alla domanda sociale, e la capacità di tradurla in sintesi politiche efficaci, passano attraverso la mobilità dei gruppi dirigenti e la possibilità che gli iscritti incidano effettivamente sulla definizione della linea politica. Un partito contendibile nella linea e nella leadership è un partito competitivo, che può porsi agli elettori e all’opinione pubblica del Paese come elemento di un sistema politico forte, in grado di fare fronte alle difficili sfide che attendono la democrazia italiana.Va infine notato che si è preferito non inserire in questo disegno di legge la disciplina del finanziamento pubblico dei partiti, che pure richiede una profonda e indilazionabile revisione, perché si ritiene preferibile che il tema sia affrontato in via autonoma rispetto alla normativa di attuazione dell’articolo 49 della Costituzione. Vi è però un legame decisivo che trova la sua sede idonea nel presente disegno di legge, e che risiede nel principio per il quale la concreta attuazione del metodo democratico all’interno dei partiti è condizione inderogabile per l’accesso alle risorse pubbliche. Per questa ragione all’articolo 17 si prevede che in caso di mancata adozione di regole democratiche ovvero di violazione delle medesime, il partito perda il diritto al finanziamento pubblico, in misura totale o parziale (a seconda della gravità della violazione), attraverso la decisione dell’autorità giudiziaria, alla quale può rivolgersi chiunque vi abbia interesse, con «azione popolare».

. . . . . .DISEGNO DI LEGGE n. 42/AS

"Norme sul diritto dei cittadini di associarsi liberamente in partiti, in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione"

Titolo I NATURA GIURIDICA DEI PARTITI
Art. 1.(Definizione)
1. I partiti politici sono associazioni di uomini e di donne costituite al fine di concorrere a determinare la politica nazionale, regionale e locale, sulla base del più ampio metodo democratico e attraverso la partecipazione libera e continua dei cittadini alla vita pubblica.
Art. 2.(Natura giuridica)
1. I partiti politici sono associazioni riconosciute dotate di personalità giuridica ai sensi dell’articolo 12 del codice civile e dell’articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361.
2. All’atto della costituzione del partito, i soci fondatori depositano il nome, il simbolo, lo statuto e il progetto.
Titolo IIPRINCÌPI GENERALI
Art. 3.(Statuto)
1. Il partito ha uno statuto che ne definisce gli obiettivi, ne disciplina gli organi, i procedimenti deliberativi, le modalità di iscrizione, i diritti e i doveri degli iscritti, le garanzie e le sanzioni.
2. Lo statuto di cui al comma 1 è conforme alla presente legge, in ogni sua parte, e garantisce il metodo democratico ai sensi dell’articolo 49 della Costituzione e dell’articolo 7 della presente legge. Può contenere norme integrative, purché compatibili con la presente legge e per quanto non espressamente in essa disposto.3. Lo statuto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. La pubblicazione è condizione per accedere al rimborso delle spese elettorali previsto dalla legislazione vigente e ad ogni altra eventuale forma di accesso a risorse pubbliche.4. La violazione della legge da parte dello statuto e la violazione dello statuto da parte di iscritti o di organi del partito possono sempre essere impugnati davanti al giudice ai sensi dell’articolo 11.
Art. 4.(Simbolo)
1. Il partito ha un simbolo, che viene depositato all’atto della costituzione.
2. Il simbolo di cui al comma 1 deve essere identificativo in modo univoco del partito e non deve essere suscettibile di essere confuso con il simbolo di altri partiti.
Art. 5.(Progetto)
1. Il partito ha un progetto che ne definisce gli obiettivi politici, i valori ideali e il programma.
Art. 6.(Modifiche)
1. Lo statuto, il simbolo e il programma del partito possono essere modificati successivamente alla costituzione, secondo le modalità previste dallo statuto. In ogni caso, la competenza a deliberare le modifiche è attribuita all’assemblea generale degli iscritti.
2. La modifica del nome e del simbolo del partito possono essere assoggettati a referendum tra gli iscritti ai sensi del successivo articolo 7, comma 1, lettera r).
Art. 7.(Definizione di metodo democratico)
1. Ai fini della presente legge, elementi costitutivi del metodo democratico ai sensi dell’articolo 49 della Costituzione, che il partito deve osservare nello statuto e in ogni atto degli organi collegiali o monocratici, sono:
a) la titolarità per ciascun iscritto al partito degli stessi diritti e degli stessi doveri;b) la partecipazione di ciascun iscritto alla determinazione della linea politica ed all’attuazione della medesima, e il diritto di ciascun iscritto ad una piena e completa informazione ai fini di una partecipazione consapevole;c) la partecipazione di ciascun iscritto agli organi collegiali secondo le modalità previste dallo statuto, che le definisce perseguendo l’obiettivo di agevolare la più ampia partecipazione alle discussioni e votazioni;d) il diritto di parola, di proposta e di voto di ciascun iscritto negli organi collegiali di cui fa parte, nonché il diritto di presentare documenti, ordini del giorno, mozioni. Qualora lo statuto richieda un numero minimo di presentatori, tale numero non può essere superiore a quello degli esponenti della minoranza formalmente costituita più piccola presente nell’organo collegiale, non superiore comunque al 5 per cento dei componenti dell’organo collegiale. Sui documenti, ordini del giorno e mozioni presentati non possono essere rifiutate o impedite una adeguata discussione e la votazione qualora ne sia fatta richiesta dai presentatori;d) la partecipazione di ciascun iscritto alle votazioni con voto libero ed eguale nonché la effettiva segretezza del voto ove il voto segreto sia prescritto o richiesto;e) la segretezza del voto in ogni caso per la individuazione dei titolari delle cariche di partito e dei candidati alle elezioni nonché per le deliberazioni di modifica del nome o del simbolo del partito;f) la possibilità di votare in ogni caso anche per voto telematico. Ove il voto segreto sia prescritto o richiesto, la segretezza è garantita anche per tali modalità di votazione;g) la previsione di azioni volte al riequilibrio della rappresentanza in attuazione dell’articolo 51 della Costituzione, salvo il caso in cui la rappresentanza di un solo genere sia elemento fondativo del progetto politico del partito;h) la garanzia del pluralismo interno e la possibilità di un riconoscimento formale di minoranze;i) la presenza delle minoranze formalmente costituite in tutti gli organi collegiali e negli organi di garanzia, secondo il criterio proporzionale;l) l’attribuzione a esponenti delle minoranze formalmente costituite della presidenza degli organi di garanzia;m) l’attribuzione alle minoranze formalmente costituite di quote delle risorse pubbliche conferite al partito, in misura corrispondente alla consistenza delle minoranze medesime;n) la presenza delle minoranze formalmente costituite nelle candidature del partito nelle competizioni elettorali;o) l’effettivo rispetto dei quorum strutturali e funzionali per le delibere degli organi collegiali;p) la temporaneità delle cariche di partito e il numero limitato dei mandati nella medesima carica;q) la incompatibilità tra la partecipazione ad organi esecutivi del partito e la titolarità di cariche istituzionali e di funzioni amministrative;r) la previsione di un referendum generale tra gli iscritti, secondo le modalità previste dallo statuto, su richiesta di un numero di iscritti non inferiore al 5 per cento e non superiore al 10 per cento del totale degli iscritti. Il quesito referendario è definito dai richiedenti. Nel referendum è consentito il voto per via telematica, assicurando la segretezza ove prescritta o richiesta. Non può essere prescritto un quorum di partecipanti per la validità del voto;s) l’osservanza e l’attuazione del voto referendario come obbligo di tutti gli organi collegiali o monocratici del partito;t) la disciplina delle sanzioni secondo criteri di adeguatezza e proporzionalità, assicurando in ogni caso un efficace contraddittorio. La manifestazione di voti o opinioni dissenzienti non può mai essere assunta a fondamento di sanzioni.
2. Costituiscono danno grave e irreparabile ai fini del ricorso di cui all’articolo 700 del codice di procedura civile la mancata convocazione secondo le modalità previste dallo statuto del partito alle riunioni di organi collegiali di cui l’iscritto faccia parte e ogni altro comportamento che ostacoli o impedisca l’effettiva partecipazione alle discussioni e votazioni.
Art. 8.(Definizione di iscritto)
1. Il diritto di iscrizione al partito si esercita presentando apposita domanda ai sensi del comma 2, previo pagamento di una quota annuale nella misura determinata ai sensi dello statuto, secondo le modalità in esso previste.
2. Lo statuto del partito prevede che l’iscrizione sia concessa su domanda presentata in forma scritta dall’interessato. La domanda di iscrizione contiene l’espressa adesione allo statuto ed al progetto del partito. La domanda è accettata o rigettata entro un tempo definito dallo statuto e comunque non superiore a sessanta giorni. Nel caso di silenzio protratto oltre tale termine la domanda si intende accolta.
3. Il rigetto può essere in ogni caso impugnato davanti agli organi di garanzia interni del partito. In deroga a quanto disposto dall’articolo 11, il ricorso al giudice avverso il rigetto della domanda di iscrizione è escluso. Il ricorso è invece consentito per il diniego rivolto all’iscritto che chieda il rinnovo dell’iscrizione per l’anno successivo.4. Lo statuto prevede la possibilità che la domanda di iscrizione e la corrispondente quota annuale siano inoltrate per via telematica. Nel caso di organizzazione territorialmente differenziata, lo statuto determina gli effetti ai fini della collocazione territoriale dell’iscrizione avvenuta per via telematica. L’iscritto per via telematica ha tutti i diritti e tutti i doveri di qualunque altro iscritto.5. Non è consentita l’adesione contemporanea a due partiti come definiti dalla presente legge.
Art. 9.(Diritti degli iscritti)
1. Lo statuto definisce i diritti degli iscritti, che comprendono in ogni caso tutti quelli desumibili dall’articolo 7.
Art. 10.(Doveri degli iscritti)
1. Lo statuto definisce i doveri degli iscritti, le sanzioni in caso di sua inosservanza, le procedure e gli organi competenti a irrogare le sanzioni.
2. La sanzione deve essere motivata e proporzionata alla gravità della violazione. In nessun caso la sanzione può essere irrogata senza previo adeguato contraddittorio.3. Contro la sanzione è sempre ammesso il ricorso al giudice.
Art. 11.(Tutela giurisdizionale)
1. È diritto irrinunciabile dell’iscritto ricorrere al giudice per ottenere rimedio alla violazione della presente legge, dello statuto, di delibere degli organi collegiali del partito, o avverso qualunque atto o comportamento che costituisca compressione, limitazione, violazione del metodo democratico come definito dall’articolo 7. Il diritto alla tutela giurisdizionale non può essere vietato o limitato dallo statuto né l’esercizio può costituire in alcun modo elemento a carico dell’iscritto, tale da limitare o ostacolare l’esercizio di altre facoltà o diritti di cui sia titolare in quanto iscritto.
Art. 12.(Anagrafe degli iscritti)
1. L’anagrafe degli iscritti è l’archivio comprendente, per ogni iscritto, l’indicazione del nome e cognome, della data di nascita, del luogo di residenza e del luogo di iscrizione al partito nel caso di organizzazione territorialmente differenziata.
2. L’anagrafe degli iscritti è aggiornata annualmente.3. L’inserimento nell’anagrafe degli iscritti è condizione per l’esercizio da parte dell’iscritto dei diritti previsti dalla presente legge e dallo statuto. All’atto dell’inserimento è attribuita ad ogni iscritto una chiave individuale per l’accesso telematico a servizi offerti dal partito e per l’esercizio, anche in via telematica, dei diritti pevisti dalla presente legge e dallo statuto.4. Ciascun iscritto ha diritto di accedere in qualunque momento a tutti i dati dell’anagrafe. Una quota di iscritti prevista dallo statuto, comunque in misura non inferiore al 5 per cento e non superiore al 20 per cento, può chiedere la revisione in tutto o in parte dell’anagrafe, per la inesattezza dei dati in essa contenuti.5. Entro il 31 gennaio di ogni anno è depositata presso le Presidenze della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica l’anagrafe degli iscritti di ciascun partito attestante gli iscritti al partito per l’anno precedente. Il deposito è condizione per il conferimento al partito di risorse pubbliche a qualunque titolo ed in qualunque forma per l’anno in corso. In caso di mancato deposito le somme eventualmente già percepite devono essere restituite.6. L’anagrafe degli iscritti è sottoposta a verifiche annuali a campione. Quando il totale dei dati affetti da errore superi il 10 per cento del totale dei dati sottoposti a verifica, si procede alla verifica completa dell’anagrafe. Se a seguito della verifica il totale degli errori supera il 10 per cento del totale dei dati inseriti nell’anagrafe, il deposito di cui al comma 5 si intende non effettuato.
Titolo IIIORGANIZZAZIONE
Art. 13.(Assemblea generale degli iscritti)
1. L’assemblea generale degli iscritti è l’organo rappresentativo del partito.
2. All’assemblea di cui al comma 1 partecipano tutti gli iscritti al partito, anche per voto telematico.3. Lo statuto del partito prevede che all’assemblea spettino in ogni caso le decisioni relative alla definizione della linea politica generale del partito, ai programmi elettorali, alle candidature, alla partecipazione a coalizioni, all’elezione degli organi esecutivi del partito.4. Le deliberazioni dell’assemblea sono valide con la presenza della metà più uno degli iscritti e sono normalmente assunte a maggioranza dei presenti. Lo statuto può prevedere in casi determinati che le deliberazioni siano assunte a maggioranza qualificata.5. L’assemblea delibera in via generale a voto palese. Una quota di iscritti determinata dallo statuto, in ogni caso non superiore al 10 per cento degli aventi diritto, può chiedere su qualsiasi oggetto il voto segreto. Il voto è comunque segreto per i casi previsti dall’articolo 7, comma 1, lettera e).6. Lo statuto del partito può prevedere che l’assemblea generale degli iscritti deleghi le sue funzioni ad un organo collegiale più ristretto, composto di delegati.7. Il voto telematico deve essere sempre consentito a richiesta. Lo statuto determina nel caso di organi collegiali composti da delegati il rapporto tra voto telematico e delega.
Art. 14.(Organi esecutivi)
1. Agli organi esecutivi spetta l’attuazione delle deliberazioni dell’assemblea generale degli iscritti.
2. Gli organi esecutivi collegiali sono eletti a voto segreto dall’assemblea generale degli iscritti. Se nel partito sono presenti minoranze formalmente costituite, l’assemblea delibera con voto limitato, in modo da assicurare una rappresentanza proporzionale delle minoranze negli organi esecutivi collegiali.
3. Alle deliberazioni degli organi collegiali si applicano le norme previste dall’articolo 13 per l’assemblea generale degli iscritti. In tal caso i diritti dell’iscritto si intendono riferiti al componente dell’organo collegiale.
4. La rappresentanza legale del partito spetta all’organo esecutivo monocratico. Tale organo è eletto a voto segreto secondo le modalità stabilite dallo statuto.5. Lo statuto prevede le modalità per la revoca degli organi esecutivi monocratico e collegiali da parte dell’assemblea generale degli iscritti. Alla revoca si procede su iniziativa di una quota di iscritti non inferiore al 10 per cento e non superiore al 20 per cento dei componenti dell’assemblea, per voto segreto, contestualmente eleggendo nuovi organi esecutivi collegiali e monocratico.
Art. 15.(Organi di garanzia)
1. Lo statuto prevede organi collegiali di garanzia cui è affidata la verifica del rispetto della presente legge, dello statuto e delle deliberazioni adottate nell’ambito delle proprie competenze dagli organi del partito. Nel caso di violazioni l’organo collegiale può annullare gli atti e irrogare, nei confronti degli iscritti, le sanzioni previste dallo statuto.
2. Lo statuto prevede le incompatibilità con la carica di componente degli organi collegiali di garanzia, tra le quali rientra la partecipazione agli organi collegiali esecutivi e la titolarità di cariche esecutive monocratiche nel partito, il percepimento di emolumenti a carico del partito, la titolarità di funzioni istituzionali o amministrative retribuite per le quali la designazione sia stata fatta dal partito.3. La previsione e le deliberazioni di organi di garanzia non limita in alcun modo il diritto di ciascun iscritto alla tutela giurisdizionale, di cui all’articolo 11.
Art. 16.(Organizzazione territoriale)
1. L’organizzazione interna del partito può essere articolata territorialmente secondo quanto stabilito dallo statuto.
2. La presente legge si applica anche alle articolazioni territoriali del partito, ove siano previste. È esclusa l’applicazione delle norme concernenti la costituzione del partito in associazione riconosciuta nonché di quelle relative all’anagrafe degli iscritti, che deve essere unica per tutto il partito.3. L’articolazione territoriale del partito non può in alcun caso essere limite o impedimento per i diritti dell’iscritto.4. Lo statuto disciplina tassativamente i casi, di particolare gravità, in cui si può procedere allo scioglimento, chiusura, sospensione e commissariamento di articolazioni territoriali del partito. Il provvedimento sanzionatorio è adottato in prima istanza previo contraddittorio dall’organo di garanzia del livello territoriale corrispondente e può essere impugnato presso gli organi di garanzia dei livelli territoriali superiori. Il provvedimento sanzionatorio non può essere adottato per la manifestazione di opinioni e di voti di dissenso politico e può sempre essere oggetto di ricorso davanti al giudice.
Art. 17.(Decadenza dal finanziamento pubblico)
1. Il rimborso delle spese elettorali e ogni forma di accesso alle risorse pubbliche, ivi comprese quelle a favore dell’editoria di partito, è attribuito esclusivamente alle associazioni che si qualificano come partiti ai sensi della presente legge.
2. Chiunque vi abbia interesse può agire in giudizio perché sia accertata la non conformità dello statuto di un partito alle norme della presente legge, inclusa la violazione dei princìpi di cui all’articolo 7. La sentenza definitiva dichiara la decadenza totale o parziale dal diritto del partito ai benefici di cui al comma 1.
Art. 18.(Norma transitoria e finale)
1. I partiti che alla data di entrata in vigore della presente legge abbiano rappresentanti eletti nel Parlamento nazionale o in almeno tre consigli regionali, acquistano dalla stessa data la natura di associazioni giuridicamente riconosciute ai sensi della presente legge. Essi adeguano i propri statuti e la propria organizzazione interna alle disposizioni della presente legge entro il termine inderogabile di un anno. Nel caso di mancato adeguamento entro il predetto termine, ogni conferimento di risorse pubbliche a qualsiasi titolo cessa a decorrere dal termine di cui al primo periodo.
2. Per i partiti di cui al comma 1, il nome, il simbolo e lo statuto già adottati alla data di entrata in vigore della presente legge sono equiparati a quelli depositati ai sensi dell’articolo 2.3. Per i partiti di cui al comma 1, il conferimento di risorse pubbliche in ogni forma è consentito in via transitoria fino alla scadenza del primo termine annuale per la presentazione dell’anagrafe degli iscritti, successivo all’adeguamento di cui al medesimo comma 1.4. Per tutti gli altri partiti, ogni conferimento di risorse pubbliche cessa alla data di entrata in vigore della presente legge. Il conferimento è ripreso previa costituzione in associazione giuridicamente riconosciuta secondo le modalità previste dalla presente legge e dal momento della presentazione dell’anagrafe degli iscritti.

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